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Sommario esame del DDL 1660 “sicurezza”

Il governo Meloni si caratterizza per la continua emanazione di leggi che aumentano le pene previste dalle norme penali e che introducono nuovi reati. Si tratta di una sequela di misure di guerra ai poveri, ai lavoratori, giovani, donne, migranti e carcerati. Per i borghesi e i loro uomini politici, il governo fa il contrario: vedi l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, via libera per nuovi affari e corruzione, e i progetti di alleggerimento dei controlli e delle pene in materia di infortuni sul lavoro.

Tra le numerose misure di terrorismo penalistico del governo Meloni, ricordiamo: la legge n. 162/2022, cosiddetta anti rave party; il famigerato decreto Cutro (d.l. n. 20 del 10/3/2023), codice di guerra ai migranti; il decreto Caivano, rivolto contro i minorenni delle periferie urbane e le loro famiglie; la legge n. 6/2024, che aggrava le pene per deturpamento e imbrattamento di cose altrui; e la legge n. 25/2024, che aggrava le pene per i reati di oltraggio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale. Tuttavia, la fregola punitiva del governo reazionario e antiproletario non è stata placata da queste leggi ed ha prodotto un provvedimento molto più vasto: il disegno di legge (DDL) n. 1660, depositato il 22/1/2024 alla Camera con la firma dei ministri Piantedosi (interni), Nordio (giustizia) e Crosetto (difesa), e intitolato “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, più noto come DDL Sicurezza.

Esso serve: a punire in modo esemplare e mandare in carcere i lavoratori in sciopero, i senza casa che occupano alloggi, i giovani studenti e gli attivisti; a garantire i poliziotti che picchiano i manifestanti o i semplici cittadini; a coprire gli agenti provocatori infiltrati dai servizi in organizzazioni sindacali e politiche che il governo intende smantellare; a mettere i detenuti alla completa mercè dei carcerieri, stroncando qualsiasi loro protesta, anche pacifica. Ecco, in sintesi, gli articoli più significativi di questo provvedimento.

Art. 1 – Introduce i nuovi reati, puniti con pene fino a 6 anni, di detenzione e/o diffusione di materiale inerente la preparazione o l’uso di armi e sostanze pericolose utilizzabili per non meglio precisate finalità di terrorismo, anche internazionale.

Art. 7 – Prevede la revoca della cittadinanza italiana, entro 10 anni dalla sentenza definitiva, contro il cittadino condannato per terrorismo o eversione.

Art. 8 – Introduce nel codice penale il nuovo art. 634 bis, che punisce il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui con la pena da 2 a 7 anni di reclusione sia per l’occupante sia per chi coopera con esso. La norma si aggiunge a quella prevista dall’art. 633 c.p., che punisce la occupazione abusiva di immobile, con la reclusione da 2 a 4 anni. Inoltre, viene introdotto nel codice di procedura penale il nuovo art. 321 bis, che dà alla polizia il potere di sgomberare immediatamente l’immobile occupato.

Art. 10 – Introduce il potere del questore di disporre contro il cittadino l’allontanamento da una determinata area urbana fino a 48 ore. Si può quindi immaginare l’uso che ne verrà fatto prima di manifestazioni e cortei sindacali e politici. Allarga i casi di emanazione del DASPO urbano fino a prevedere il DASPO giudiziario, disposto dal giudice quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena.

Art. 11 – Ripristina la sanzione penale e non più amministrativa per il reato di blocco stradale. Introduce l’aggravamento della pena da 6 mesi a 2 anni a carico di coloro che effettuano un blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo e con più persone riunite. E’ il manganello giudiziario per farla finita con scioperi operai e manifestazioni non autorizzate.

Art. 12 e 13 – Sono norme mirate contro i Rom. Il primo abolisce l’obbligo per il giudice di rinviare la pena se la condannata è incinta o madre di un bimbo di età inferiore ad un anno, sicchè madre e figlio potranno finire in carcere a discrezione del magistrato. Il secondo punisce, con pene aggravate, non solo chi organizza l’accattonaggio, ma anche chi induca terzi a farlo.

Art. 14 – Introduce l’aumento di un terzo della pena prevista per i reati di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale (già prevista da 6 mesi a 5 anni), se il fatto è commesso contro un ufficiale o agente di polizia, vietando al giudice di considerare prevalenti le circostanze attenuanti rispetto a tale nuova aggravante.

Art. 15 – Prevede che si proceda d’ufficio – e non più su querela di parte – nel caso di lesioni personali lievi o lievissime a danno di ufficiali o agenti di polizia in servizio, punite con pena da 2 a 5 anni.

Art. 20 – Autorizza ufficiali e agenti di polizia a portare armi senza licenza, anche quando non sono in servizio.

Queste tre norme corazzano e scudano l’azione violenta in servizio e l’eventuale uso di armi fuori servizio da parte di 300.000 ufficiali e agenti di polizia (provenienti da Polizia, Carabinieri, Finanza, Polizia Locale) contro i cittadini.

Art. 18 e Art. 25 – L’art. 18 introduce: a) la nuova aggravante del reato di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p., che prevede una pena fino 5 anni), se viene commesso all’interno di un carcere dai detenuti o anche mediante comunicazioni dirette a persone detenute; b) il nuovo art. 415 bis c.p., che punisce con la reclusione fino ad 8 anni “chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, promuova, organizzi o diriga una sommossa con atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini o con tentativi di evasione, commessi congiuntamente da tre o più persone”. Le pene possono essere aumentate, in determinati casi (lesioni personali, uso di armi, ecc.) fino a 20 anni. L’art. 25 completa le suddette norme con la previsione dell’esclusione dei detenuti istigatori o ribelli (anche passivi!) dai benefici penitenziari, equiparandoli a mafiosi e terroristi.

Art. 19 – Applica quanto previsto dall’art. 18 per i detenuti in carcere contro i migranti ristretti nei CPR, confermandone la natura carceraria.

Questa normativa annulla qualsiasi diritto dei detenuti e li annichilisce ad esseri senza dignità, sottoposti all’imperio e arbitrio assoluti e al ricatto permanente del personale penitenziario.

Art. 23 – Il governo Renzi aveva già concesso, con il decreto-legge n.7/2015, ai funzionari e agenti dei servizi segreti, infiltrati in associazioni terroristiche o eversive, l’immunità penale nel caso di compimento di reati associativi per finalità di terrorismo. La norma, che era transitoria e più volte prorogata, diventa ora permanente e prevede l’estensione dell’immunità penale per la direzione ed organizzazione di associazioni terroristiche, anche internazionali, ed eversive dell’ordine democratico, nonché nel caso di fabbricazione o detenzione di ordigni o di materiale con finalità di terrorismo. Si passa così dalla figura dell’agente infiltrato a quella dell’agente provocatore, o – peggio ancora – dell’organizzatore di attentati e stragi.

Concludendo questo sommario esame, possiamo affermare che il DDL Sicurezza è il più duro e spietato provvedimento penalistico congegnato dal Governo Meloni, per l’entità delle pene introdotte con nuove figure di reato e per l’aumento di quelle già previste da leggi precedenti. Esso corona un biennio di intensa attività legislativa ispirata dalla logica dell’ultrapenalismo carcerario, modello autoritario di gestione-repressione dei conflitti sociali e politici tramite i poteri violenti e criminogeni concessi alle forze di polizia, che porta a sua volta a un nuovo modello autoritario di detenzione di una massa crescente di giovani, lavoratori, italiani ed immigrati, da educare mediante annichilimento. Esso mira a stroncare l’autonomia, l’iniziativa e l’organizzazione di lotta sui posti di lavoro; a terrorizzare gli studenti che si battono contro il modello militaristico della scuola propugnato dal ministro Valditara; a castrare i movimenti sociali e la resistenza nei quartieri popolari contro le ingerenze e i controlli di polizia.

Il DDL Sicurezza costituisce una tappa verso una più vasta offensiva statale (governo-parlamento-magistratura) contro i movimenti di lotta, gli organismi sociali, sindacali e politici proletari, contro l’ipotesi stessa di organizzazioni politiche comuniste e rivoluzionarie, che i reazionari al potere e i loro sedicenti oppositori conducono da tempo sul piano ideologico, preparando ulteriori strumenti penali.