Dall’Ucraina all’Italia, guerra alla guerra, contro la prospettiva di una IIIª guerra mondiale
Queste note sono state ispirate dall’assemblea “Disertiamo la guerra” che si terrà domenica 20-10-2024 presso il CSOA Cox18, via Conchetta 18, Milano, cui vi invitiamo a partecipare. Un’assemblea per fare del 4 novembre, festa delle forze armate, la giornata del disertore, con un presidio davanti al consolato ucraino di Milano. Un’assemblea che ha il pregio di riportare l’attenzione sulla guerra in Ucraina tutt’altro che scomparsa, e che interviene sul tema della prospettiva verso una IIIª guerra mondiale. Il nostro è un contributo aperto e vuole essere costruttivo su quello che condividiamo e su quello che secondo noi non va. Le prospettive politiche rivoluzionarie si costruiscono anche con il confronto sulle divergenze, per superarle e andare avanti.
La guerra intercapitalista e reazionaria da parte di tutti i fronti direttamente o “indirettamente” coinvolti in Ucraina continua mietendo vittime tra gli ucraini e tra i russi dal 24 febbraio 2022. Questa guerra è un potente fattore di “avvicinamento” alla possibilità di trasformazione della crisi generale del capitalismo in una Terza Guerra Mondiale, nel fondamentale teatro di scontro tra bande capitaliste rivali che è l’Europa. Ma l’assuefazione generata dalla copertura mediatica di regime e i riflettori puntati sull’altra guerra, altrettanto reazionaria, in corso in Palestina e in Libano, fanno sì che di essa si parli poco. (Come pure, per inciso, si tace sulla pulizia etnica, genocidaria, in corso in Palestina ad opera dello stato sionista israeliano; tutt’al più ci si sorprende che Israele colpisca i caschi blu in Libano, compresi gli italiani, anche se fino ad ora l’Italia ha sempre avallato, con tutti i governi, la barbarie israeliana).
Non se ne parla molto anche se l’Europa ha recentemente fatto un ulteriore avvicinamento alla possibilità di una Terza Guerra Mondiale con la risoluzione sul Proseguimento del sostegno finanziario e militare all’Ucraina del 19.9.2024, che consente l’utilizzo senza restrizioni dei sistemi d’arma forniti dall’Occidente (Nato & friends) “… contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo” (par. 8). (377 sì, 191 no e 51 astenuti). Come ben sanno i parlamentari europei, solo le bombe dei “nostri nemici” finiscono anche sui civili.
Centro destra e centro sinistra italiani preparano anch’essi la guerra globale
Interrompiamo un attimo il flusso del ragionamento sulla diserzione tra le fila dei soldati ucraini e russi, ricordano l’ipocrisia italiana, i “due piedi in due scarpe”, nella votazione europea. La Lega di Salvini ha votato contro, ma sottolineando che non viene meno il suo sostegno all’Ucraina. Parte del Movimento 5 Stelle ha votato contro, perché non c’è l’indicazione di ricercare un negoziato. Fratelli d’Italia, Forza Italia e PD hanno votato contro il paragrafo 8 ma hanno sostenuto il resto della risoluzione. (Trascuriamo i casi singoli di voti a favore del par. 8)
Ma tutte queste forze politiche di centro destra e centro sinistra si sono ben guardate dal promulgare (se al governo) o dal richiedere (se all’opposizione) l’interruzione della fornitura d’armi all’Ucraina. Si parla molto della pace, ma nei fatti la guerra deve continuare sulla pelle degli ucraini e dei soldati di leva ucraini e russi (con la benedizione di “sinistrati”, anarchici ??, trotzkisti ?? e verdi sciovinisti, che usando le stesse argomentazioni della socialdemocrazia tedesca o degli irredentisti italiani nella Prima Guerra Mondiale, si raccontano che in Ucraina sarebbe in corso una guerra per la difesa popolo ucraino oppresso dall’imperialismo russo).
In Ucraina si continua a combattere, ma i soldati russi ed ucraini disertano
Torniamo alle diserzioni nella guerra ucraina. I nostri media di regime e d’opposizione, se non quasi di sfuggita, si sono ben guardati dall’intervenire approfonditamente sul fenomeno della diserzione dei soldati ucraini.
Sono talmente codini e in massima parte impegnati a sostenere la guerra che, pur distribuendo spesso l’epiteto di “putiniano” a chiunque non si è accodato come loro al sostegno della mattanza dalla sponda ucraina, quand’anche sostenesse apertamente che l’imperialismo russo è il primo responsabile politico della guerra in Ucraina (essendo stata la sua cricca dirigente a decidere per l’intervento armato, sulla base di una politica reazionaria quanto quella della Nato e per cui nessun proletario, di qualsiasi nazionalità, ha da spendere una .. sillaba di sostegno), da non aver pressoché menzionato nemmeno le diserzioni di militari russi e la tremenda repressione contro gli oppositori alla guerra, incarcerati e ammazzati dal regime russo.
“Dimenticanza” forse imputabile a un’intima convinzione per cui non di deve in nessun modo favorire qualsivoglia sentimento contro la guerra, contro la “sacra” difesa della patria; né si deve intralciare l’indottrinamento bellico ammanito nelle scuole italiane fin dalle elementari, con le solite fanfaluche sulla difesa della patria, le carriere militari, ecc. Per sicurezza, qualsiasi opposizione alla guerra è meglio che sia perseguita anche se si manifesta tra le fila del “nemico”.
Ed è così che, fin dall’inizio della guerra in Ucraina, nonostante centinaia di migliaia di giovani siano scappati dalla Russia per non partecipare alla guerra reazionaria di Putin, l’Europa si sia ben guardata dal concedere loro l’asilo politico.
Come pure ha fatto finta di credere che tra i 14 milioni di ucraini che hanno abbandonato il paese dall’inizio della guerra (1) ci fossero solo profughi creati dai russi, ma non anche disertori che non avevano alcuna voglia di combattere per la propria “patria”.
La diserzione tra i ranghi russi è assai difficile da quantificare, data la rigidissima censura putiniana e la costante persecuzione contro tutti gli oppositori alla guerra. Ma i tentativi di aumentare le “coscrizioni volontarie” aumentando le paghe, coinvolgendo carcerati e immigrati con promesse di amnistia o di regolarizzazione, ci rammentano che forse non è cosi semplice per i russi trovare muovi soldati. Le numerose voci non confermate “ufficialmente” ci fanno ben sperare che le molotov contro i centri di reclutamento e la ribellione o diserzione dei soldati non si siano esauriti. Sicuramente centinaia di migliaia di giovani hanno abbandonato la Russia nei primi tempi della guerra.
Il fenomeno della diserzione anche tra gli ucraini, dopo questi anni di guerra, sembra in costante aumento e qui abbiamo qualche dato in più. Solo nei primi quattro mesi del 2024 sarebbero stati aperti 10.584 procedimenti per “abbandono di unità militare o luogo di servizio”, e 7.306 per “diserzione” (2). Secondo il comandante di battaglione Roman Kovalev nelle unità di fanteria il fenomeno della fuga potrebbe interessare «fino al 30% dei soldati»; per Ruslan Gorbenko – deputato del partito di Zelensky – ci sarebbero già state 80 mila diserzioni; per il politologo Oles Donii le diserzioni sarebbero state 9.000 nel 2022, 21.000 nel 2023 e già 37.000 nel 2024.(3) Il giornale ucraino Kviv Post riporta che secondo l’Ufficio del Procuratore Generale ucraino dal 2022 sarebbero stati aperti più di 60.000 procedimenti per diserzione (4). Il giornalista e militare Volodymyr Boiko sul suo blog il 20.8.2024 ha scritto che i disertori ucraini dall’inizio della guerra sarebbero ormai 150.000 e che sarebbero aumentati soprattutto nell’ultimo semestre (5).
Al di là delle cifre evidenti segnali delle difficoltà in corso nel reclutare nuovi soldati e nel contenere le diserzioni, si possono rintracciare in alcune misure adottate dal governo ucraino.
Nell’aprile 2024 il parlamento ucraino ha introdotto una nuova legge per la mobilitazione di guerra e nel progetto iniziale era stato inserito anche un articolo che prevedeva la “demobilitazione” dopo 36 mesi di servizio militare. Probabilmente un tentativo di dare una risposta alle proteste dei soldati lasciati senza cambio al fronte dal febbraio 2022 con forse 10 giorni di licenza due volte l’anno (6) e al crescere delle diserzioni. L’articolo della legge è stato però cancellato su richiesta del Ministro della Difesa Umerov e del comandante in capo delle forze armate ucraine generale Syrsky. Sarebbe stata promessa, al suo posto, una legge specifica sulla “demobilitazione”, ma ad oggi non se ne è più sentito parlare (7).
Ma anche se secondo le fonti del regime ucraino la nuova legge sulla mobilitazione starebbe funzionando e gli arruolamenti starebbero crescendo (8), tuttavia con la legge 11322 del 20.8.2024 è stato depenalizzato il primo tentativo di diserzione. Viene permesso al soldato di rientrare alla sua unità senza punizione, se il suo comandante è d’accordo. (9)
Ci sembra ovvio che il soldato disertore “pentito” che dovesse rientrare alla propria unità, sarebbe di certo adibito a compiti e missioni ad alto rischio per liberarsene prima possibile. Speriamo che nessuno caschi in questo tranello!
(E’ interessante considerare che in una situazione di guerra aperta come è per l’Ucraina, la pena per i disertori oscilli dal perdono ai 5-10 anni di prigione a seconda dei casi. In Italia gli art. 143-151 del Codice penale militare di guerra, dopo l’abolizione della pena di morte, prevedono una pena detentiva pari alla pena detentiva massima prevista dal codice penale per le varie tipologie di diserzione) (10)
Ma quello che ci preme non è determinare una cifra esatta dei disertori ucraini e/o russi, né se gli arruolamenti progrediscano o meno (sono in buona parte forzati, in entrambi i paesi) bensì definire alcune valutazioni politiche in proposito.
Il proletariato, innanzitutto nel cosiddetto mondo occidentale, non è attualmente in grado, nel suo insieme, nella sua maggioranza politica, di praticare una prassi di opposizione alla guerra in corso, di riuscire a contrastare le forniture d’armi all’Ucraina, di appoggiare concretamente le opposizioni al conflitto che si manifestano nei due paesi (e in Russia, e in Bielorussia, le proteste sono state estese, colpite da una repressione durissima e lasciate isolate a se stesse, senza nessuna reale forma concreta di sostegno, non solo dagli stati europei avversi alla Russia e alla Bielorussia, ma molto spesso anche dai settori di militanza politica occidentale, spesso ancora impegolati nelle paludi del sostegno “sciovinista al contrario” alla Russia contro la Nato).
Mancando oggi un’opposizione di classe diffusa e radicata, per differenti storie e motivi sia in Russia, sia in Ucraina, in grado di contrastare la partecipazione alla guerra, di organizzare il rovesciamento di fronte contro la propria borghesia (applicare concretamente, armi alla mano, il concetto che il nemico non è oltre la frontiera), chi vuole sottrarsi alla guerra imperialista in corso, sceglie di “scappare dalla guerra”, di salvarsi individualmente dal massacro.
Date queste condizioni soggettive della lotta tra le classi, noi non possiamo che essere solidali con queste forme di protesta individuale (che individuali rimangono anche quando possono godere dell’appoggio di reti collettive per poter fuggire dal fronte e dal paese). Non c’è alcuna utilità nell’essere ammazzati in questa guerra e la logica dei martiri non appartiene alla lotta di classe rivoluzionaria. Non solo, la solidarietà e l’appoggio ai disertori e agli oppositori russi, bielorussi ed ucraini diviene, nell’arretrata situazione attuale, un elemento da usare per incrinare lo spirito bellicista e la subordinazione alla politica di guerra dominante, al fronte Nato, alla logica sciovinista e interclassista della difesa contro l’aggressore.
E’ quindi fondamentale, oggi, rivendicare l’asilo politico immediato in Europa per tutti i disertori, renitenti, obiettori e oppositori ucraini, russi e bielorussi, fornendo loro nei limiti delle nostre possibilità un sostegno politico e concreto. Più che ai consolato ucraini, una mobilitazione a sostegno di questo obiettivo dovrebbe riguardare i governi italiano ed europei, riuniendosi di fronte alle loro sedi, diffondendolo in altre occasioni di mobilitazione sociale contro la guerra, come le manifestazioni contro il genocidio in Palestina.
Nella situazione attuale una politica disfattista deve usare anche questo elemento per cercare ci contrastare la corsa verso la guerra globale.
Alcune domande magari non gradevoli, ma necessarie
Ovviamente abbiamo parlato dei disertori ucraini e russi non per semplice (e dovuta) solidarietà, poiché al militare di professione preferiamo sempre chi in guerra non ci vuole andare, ma per parlare di qui, di quello che c’è da fare nel nuovo disordine mondiale, nella prospettiva verso una IIIª guerra mondiale.
La diserzione, la renitenza sono forme individuali di protesta, che non organizzano e non consentono di condurre la guerra alla guerra. Il disertore o il renitente una volta allontanatosi dal fronte e raggiunto un paese non belligerante continua per la propria strada individuale nella massima parte dei casi.
Se vere, le cifre di centinaia di migliaia di disertori sarebbero una percentuale molto elevata sul totale dei combattenti. Ma al momento tutta questa quantità non si è trasformata in una rete ed in una politica collettiva di massa. Non si tratta di gettare la croce sui disertori della guerra russo – ucraina e aspettarsi che ci cavino loro le castagne dal fuoco, ma di riconoscere che non esiste un movimento di massa dei disertori, che alla ricorrenza dell’inizio dell’aggressione russa gli ucraini all’estero nella massima parte manifestano per la guerra, per continuarla contro la Russia.
Un movimento di massa che oggi non c’è, ma non ci potrà essere neppure domani.
La quantità di disertori oggi è possibile perchè la maggior parte dei paesi confinanti non sono in guerra, il disertore ha quindi la possibilità di scappare in zone relativamente sicure, in cui non deve quotidianamente nascondersi dalla ricerca della “propria” polizia militare. Ma basterebbe solo che i paesi dove si sono rifugiati i disertori iniziassero a rispedirli nel paese di provenienza, per via dei documenti scaduti, perché in età militare, … per rendere assai più difficile e ancora più individuale la diserzione.
Se poi fossimo nella situazione di una guerra globale conclamata, scoppiata, i disertori non avrebbero paesi non belligeranti dove rifugiarsi e quand’anche la Svizzera rimanesse neutrale in un un futuro conflitto, ricordiamoci che durante la IIª guerra mondiale respingeva i profughi che si presentavano ai suoi confini, particolarmente quelle con le tasche vuote del proletario.
Inoltre se fossimo nella situazione di una guerra globale, dovremmo pure considerare che i paesi coinvolti nel conflitto non si limiterebbero certo a “impaurire” i disertori con la minaccia di una penda detentiva di 5-10 anni come oggi. Nelle guerre precedenti i disertori venivano fucilitati, o peggio. Tanto per ricordare quanto noi italiani siamo “brava gente”, durante la Iª guerra mondiale, sul fronte del Carso, i soldati italiani disertori venivano legati ad un palo vivi e issati sopra le trincee perché fossero colpiti dagli austriaci e fossero di monito per chi voleva disertare.
Noi non immaginiamo ancor bene la barbarie che il sistema capitalistico ci prepara per condurre la sua guerra.
Nel caso della precipitazione della crisi generale del capitalismo in guerra aperta, come si sta profilando, è per noi illusorio riporre la speranza che la diserzione e la renitenza possano inceppare il meccanismo bellico, frapporsi alla guerra. Anche nel conflitto in Ucraina non possono riuscire a bloccare la guerra, possono solo scappare dalla guerra. Anche una guerra “ geograficamente delimitata” come fu quella degli USA nel Viet Nam, non finì per le diserzioni, ma per la sintesi tra sconfitte militari statunitensi e desolidarizzazione col conflitto ad opera delle lotte e delle mobilitazioni dei movimenti sociali del periodo, scese anche violentemente in piazza.
L’unica possibilità per il proletariato di bloccare la guerra in generale e, con estrema difficoltà nella situazione attuale, dato il ritardo politico sul terreno dell’autonomia e dell’indipendenza di classe, di cercare impedire preventivamente che si finisca in una IIIª guerra mondiale, è quella di usare le armi non più contro il “nemico” ma contro i propri vertici militari, conducendo una vera e propria “guerra alla guerra”. La “pace subito” può essere ottenuta solo disarmando e sconfiggendo i propri vertici militari e repressivi, trasformando in pratica il vecchio slogan “il nemico non è oltre la frontiera”.
Nella situazione attuale la questione rimanda ad un punto dolente, difficile, di prospettiva. La sospensione della coscrizione obbligatoria, del servizio di leva, ha aumentato ancora di più il monopolio della forza, della violenza e della repressione in mano agli apparati statali capitalisti. Oggi abbiamo eserciti magari di ranghi ridotti (e sicuramente non sufficienti per una guerra globale), ma dotati di una “professionalità”, di un’altissima esperienza maturata sul campo in missioni militari all’estero, di un armamento sofisticato, aggiornato ed estremamente preparato nel campo del cosiddetto intervento in ambito urbano contro forze insorgenti grazie all’impostazione seguita con l’impostazione strategica “Nato 2020” e alle collaborazioni e formazioni congiunte anche con l’esercito israeliano. Oggi in Italia, ad esempio, abbiamo un esercito composto da un servizio professionale, da forze di completamento (ex militari disponibili ad essere richiamati) e da una Riserva Selezionata composta da ex militari altamente specializzati.
Indubbiamente in caso di scivolamento nella guerra globale il servizio di leva obbligatorio sarebbe immediatamente ripristinato e, in quest’epoca di “politicamente corretto” sicuramente anche per le donne. Ma le difficoltà operative su molti teatri bellici e missioni internazionali, stanno già spingendo più stati capitalisti a ripensare di ripristinare in qualche modo un servizio militare obbligatorio.
Di fronte a questa possibilità, avendo pur ben presente cosa sia stato il servizio militare in passato, dobbiamo ricordarci che l’unico modo per il proletariato di avere in mano in termini di massa le armi è quello di essere nell’esercito. Nessuna rivoluzione è mai riuscita senza questo requisito. L’ultima rivoluzione europea, quella del Portogallo nel 1974 è stata possibile perché i proletari erano nell’esercito e hanno girato le armi che avevano in dotazione contro il “proprio” stato.
Non pretendiamo di dire qui l’ultima parola su questa problematica, ma nessuno di noi potrà scantonarvi.
Il percorso per cercare di impedire lo scivolamento della crisi in una nuova guerra mondiale, deve fare i conti con tutto lo sciovinismo e il nazionalismo racchiuso in un vecchio verso che, transitato per l’esercito risorgimentale italiano, per quello della prima guerra mondiale, per il fascismo, oggi fa ancora mostra di se sui velivoli del 71º Gruppo volo dell’Aeronautica Militare Italiana, inquadrato nel 14º Stormo “Sergio Sartof” (12): Dulce et decorum est pro patria mori E’ dolce e bello morire per la patria (Orazio, Odi, III, 2, 13).
Nelle nostre scuole, fin dalle elementari, si cerca di instillare questa mentalità, quest’ideologia, noi dobbiamo contrapporvi il nemico non è oltre la frontiera.
Note:
(1) Paolo Brera, Ucraina, una nazione in fuga. Kiev apre un ministero per richiamare esuli e disertori, 9-9-2024, repubblica.it/esteri/2024/09/09/news/ucraina_diserzione_zelensky_ministero-423486317/
(2) Brera, cit.
(3) Brera, cit.
(4) Sergii Kostezh, Desertion From Ukraine’s Armed Forces – Will NewMobilization Laws Help?, 27-9-2024, kyivpost.com/post/39622
(5) Anarchici di “Assembly”, Kharkiv, Nella lunga estate calda, i soldati ucraini e russi hanno battuto il record di diserzioni, 11-9-2024, https://ilrovescio.info/2024/09/11/lalungaestatecalda/
(6) Kostezh, cit.
(7) Andriy Kurkov, OPINION: Public Desertion and Going Home to Die, 30-9-2024, kyivpost.com/opinion/39793
(8) Kostezh, cit.
(9) Kostezh, cit.
(10) Codice penale militare di guerra: https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/penaleMilitare/143_2_1
(11) https://www.aeronautica.difesa.it/amministrazione-trasparente/forze-di-completamento/
(12) https://www.aeronautica.difesa.it/home/noi-siamo-l-am/organizzazione/reparti/#divolo https://www.aeronautica.difesa.it/2018/09/27/al-14-stormo-si-rievoca-la-storia-del-71-gruppo-volo/