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Il nostro genocidio – Our genocide

 

(english below)

Segnaliamo un’altra voce controcorrente da Israele, B’Tselem, il Centro d’informazione israeliano per i diritti umani nei Territori Occupati, ha pubblicato oggi 28-7-2025 un nuovo documento dal titolo significativo: “Il nostro genocidio” (88 pp.). Documenta quello che tutti i governi occidentali, a cominciare da quello italiano, fanno finta di non vedere; ossia che da quasi due anni Israele a Gaza sta consumando un genocidio, operando in modo deliberato e sistematico per distruggere la società palestinese usando uccisioni di massa, provocando enormi danni fisici e mentali alla popolazione, usando la fame come arma di guerra e creando condizioni complessive disastrose che impediscano ai palestinesi di continuare a vivere ancora a Gaza. Israele sta pianificando e organizzando la pulizia etnica dei palestinesi.

Un processo che, fa vedere B’Tselem, avanza a Gaza e, in forme specifiche, anche in Cisgiordania e a Gaza; ma non solo, fa parte della storia dello stato israeliano, del patrimonio politico sionista.

Sicuramente non condividiamo tutto quello che B’Tselem può sostenere, ma è importante far conoscere l’esistenza di “altre voci” in Israele, che denunciano con chiarezza quanto sta avvenendo, perché nel mondo capitalista “il nemico  non è oltre la frontiera”.

Un nostro piccolissimo, microscopico, contribuito per far sì che il proletariato internazionale imponga ai propri governi la fine della barbarie e del terrorismo di stato in Israele.

Centro di documentazione contro la guerra

Sotto trovate il sommario del documento.

Qui potete scaricare Il nostro genocidioOur Genocide (solo in inglese)

Qui potete scaricare la traduzione italiana della sintesi di Il nostro genocidio – Our genocide

IL NOSTRO 

GENOCIDIO 

 

1. INTRODUZIONE                                                

2. COS’È UN GENOCIDIO                                                                                

3. METODOLOGIA                                                                                            

4. IL GENOCIDIO ISRAELIANO CONTRO IL POPOLO PALESTINESE           
A. Uccidere e causare gravi lesioni fisiche e mentali                                                    
Uccidere e causare gravi lesioni fisiche e mentali nella Striscia di Gaza      
Attacchi aerei e spostamenti di popolazione
Norme sull’apertura del fuoco e zone di uccisione
Persone ferite e impossibilità di ricevere cure mediche
Morti indirette
Traumi psicologici
Uccidere e causare gravi lesioni fisiche e mentali in Cisgiordania
Attacchi aerei
Norme sull’apertura del fuoco
Le milizie ebraiche in Cisgiordania
Grave sofferenza psicologica
Uccidere e causare gravi lesioni fisiche e mentali all’interno di Israele
Criminalità
B. Distruzione delle condizioni di vita
Distruzione delle condizioni di vita nella Striscia di Gaza
Affamamento e distruzione delle risorse alimentari
Uso dell’affamamento come metodo di guerra
Uccisioni di routine nei “centri di distribuzione degli aiuti”
Distruzione delle infrastrutture elettriche e idriche
Assalto al sistema sanitario
Casicidio (distruzione delle abitazioni)
Distruzione economica
Distruzione delle condizioni di vita in Cisgiordania
Casicidio (distruzione delle abitazioni) e restrizioni alla libertà di movimento
Distruzione economica
Distruzione delle infrastrutture idriche e agricole
Attacco al sistema sanitario
C. Spostamento forzato
Spostamento forzato nella Striscia di Gaza
Spostamento forzato in Cisgiordania
Spostamento forzato all’interno di Israele
D. Distruzione sociale, politica e culturale
Distruzione sociale, politica e culturale nella Striscia di Gaza
Il dilagare dell’anarchia
Attacco all’unità familiare
Attacco all’istruzione
Interferenza sulla copertura della stampa
Attacco al patrimonio storico e religioso
Distruzione sociale, politica e culturale in Cisgiordania
Attacco all’istruzione
Attacco al patrimonio storico e ai riti religiosi
Distruzione sociale, politica e culturale all’interno di Israele
Censura e silenziamento
Criminalità
E. Il sistema carcerario come una rete di campi di tortura
F.  Attacco allo status di rifugiato dei palestinesi
G. Incitamento al genocidio e alla disumanizzazione dall’ottobre 2023

5. IL GENOCIDIO COME UN PROCESSO
A. Le fondamenta del regime (1948-2023)
Il regime di apartheid israeliano – ingegneria demografica, pulizia etnica e segregazione
Segregazione
Ingegneria demografica e pulizia etnica
Meccanismi di disumanizzazione e rappresentazione dei palestinesi come una minaccia esistenziale
Cultura dell’impunità
B.  L’attacco del 7 ottobre 2023: Un evento scatenante
C.  Sfruttamento dell’occasione da parte di un governo di estrema destra

6. CONCLUSIONI

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We report another counter-current voice from Israel, B’Tselem, the Israeli Information Centre for Human Rights in the Occupied Territories, today published 28-7-2025 a new paper with the significant title: “Our Genocide” (88 pp.). It documents what all Western governments, starting with the Italian one, pretend not to see; namely that for almost two years Israel has been carrying out genocide in Gaza, working in a deliberate and systematic way to destroy Palestinian society using mass killings, causing enormous physical and mental damage to the population, using starvation as a weapon of war, and creating disastrous overall conditions that prevent Palestinians from continuing to live in Gaza. Israel is planning and organising the ethnic cleansing of the Palestinians.

A process that, B’Tselem shows, is advancing in Gaza and, in specific forms, also in the West Bank and Gaza; but not only that, it is part of the history of the Israeli state, of the Zionist political heritage.

We certainly do not agree with everything B’Tselem may claim, but it is important to make known the existence of “other voices” in Israel, which clearly denounce what is happening, because in the capitalist world “the enemy is not beyond the border”.

It is our very small, microscopic contribution to make the international proletariat impose on its governments an end to barbarism and state terrorism in Israel.

Center for documentation against war

Below is the summary of the document.

You can download Our Genocide here

 

OUR 

GENOCIDE 

 

1. INTRODUCTION                                                

2. WHAT IS GENOCIDE?                                                                                

3. METHODOLOGY                                                                                            

4. THE ISRAELI GENOCIDE AGAINST THE PALESTINIAN PEOPLE           
A. Killing and causing serious bodily and mental harm                                                   
Killing and causing serious bodily and mental harm in the Gaza Strip                  
Airstrikes and population displacement
Open-fire regulations and kill zones
Wounded persons and lack of medical treatment
Indirect deaths
Psychological trauma
Killing and causing serious bodily and mental harm in the West Bank
Airstrikes
Open-fire policy
Jewish militias in the West Bank
Severe psychological distress
Killing and causing serious bodily and mental harm inside Israel
Crime
B. Destruction of living conditions
Destruction of living conditions in the Gaza Strip
Starvation and destruction of food infrastructure
Use of starvation as a method of warfare
Routine killings at “aid distribution centers”
Destruction of electricity and water infrastructure
Assault on the healthcare system
Domicide (destruction of housing)
Economic destruction
Destruction of living conditions in the West Bank
Domicide (destruction of housing) and restrictions on movement
Economic destruction
Destruction of water and agricultural infrastructure
Assault on the healthcare system
C. Forced displacement
Forced displacement in the Gaza Strip
Forced displacement in the West Bank
Forced displacement inside Israel
D. Social, political and cultural destruction
Social, political and cultural destruction in the Gaza Strip
The spread of anarchy
Assault on the family unit
Assault on education
Interference with press coverage
Assault on historical and religious heritage
Social, political and cultural destruction in the West Bank
Assault on education
Assault on historical heritage and religious rituals
Social, political and cultural destruction inside Israel
Censorship and silencing
Crime
E. The prison system as a network of torture camps
F.  Assault on the Palestinian refugee status
G. Incitement to genocide and dehumanization since October 2023

5. GENOCIDE AS A PROCESS
A. Foundations of the regime (1948–2023)
The Israeli apartheid regime — demographic engineering, ethnic cleansing and separation
Separation
Demographic engineering and ethnic cleansing
Mechanisms of dehumanization and framing Palestinians as an existential threat
Culture of impunity
B.  The 7 October 2023 attack: A triggering event
C.  Exploitation of the opportunity by a far-right government

6. CONCLUSION

Posted in guerra.

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Non ascoltate le loro parole, guardate le loro azioni – Don’t listen to their words, watch their actions.

(english below)

Sui media di tutto il mondo oggi è stata lanciata la notizia che Israele ha deliberato delle “pause tattiche” per far entrare aiuti a Gaza. Diffondiamo questa presa di posizione dell’organismo dei soldati veterani israeliani “Breaking the silence” che invita a guardare alle azioni effettive dell’IDF e del governo israeliano, che con questa decisione non hanno cambiato politica e continuano, anche oggi, nell’uccisione deliberata di palestinesi in cerca di qualcosa con cui sfamarsi. Una voce da Israele importante, da far conoscere. Centro di documentazione contro la guerra

Non ascoltate le loro parole, guardate le loro azioni

Oggi, l’IDF ha annunciato “pause umanitarie” quotidiane e ha ripreso i lanci aerei di aiuti a Gaza. Ma non si tratta di un reale mutamento di politica. È semplicemente l’ultima manifestazione di una logica contorta che sfrutta il cibo come mezzo di controllo, non con l’intenzione reale di distribuire gli aiuti. Un’ analisi approfondita di ciò che sta accadendo sul campo smaschera la vera agenda in gioco.

All’inizio del mese, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha svelato il piano del governo di concentrare con la forza l’intera popolazione di Gaza in una cosiddetta “città umanitaria” costruita sulle rovine di Rafah. Nel complesso, queste azioni militari e decisioni politiche rappresentano due facce della stessa strategia che sta delineando il futuro di Gaza e realizzando il sogno ultimo della destra israeliana di fare la pulizia etnica di tutta la popolazione palestinese di Gaza.

Le uniche persone che potranno lasciare questa “città umanitaria” lo faranno tramite meccanismi istituiti per incoraggiare l’“emigrazione volontaria”. Un altro eufemismo che si è fatto largo nel linguaggio corrente. I termini “città umanitaria” ed “emigrazione volontaria” sono tentativi deliberati di usare il linguaggio per mascherare una realtà orribile. Proprio come i cosiddetti “centri di assistenza” – i quattro siti del GHF che dovrebbero servire quasi 2 milioni di persone – dove, invece, oltre 800 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano semplicemente di procurarsi del cibo.

Sono passati quasi 22 mesi e l’accordo per il cessate il fuoco è ancora una volta in stallo, il governo israeliano continua a cambiare gli obiettivi, prolungando le operazioni militari che servono sia all’agenda messianica dei coloni sia alla sopravvivenza politica di Netanyahu.

Così, mentre il nostro governo continua ad usare un linguaggio ambiguo e a negare la realtà di cui siamo spettatori ogni giorno, le testimonianze dei soldati hanno svolto un ruolo cruciale nell’esporre ciò che sta realmente accadendo sul campo.

Abbiamo visto un reportage dopo l’altro, un video dopo l’altro, che mostrano i palestinesi che vengono bersagliati da colpi d’arma da fuoco mentre cercano di procurarsi il cibo per sé e per le loro famiglie. Qualche settimana fa, Haaretz ha rivelato che i soldati avevano ricevuto istruzioni dai loro comandanti di sparare sulla folla vicino ai luoghi di distribuzione del GHF per allontanarla, anche quando era chiaro che non rappresentavano una minaccia. Ecco come i soldati hanno descritto le scene:

“È un campo di sterminio (…) dove ero di stanza, ogni giorno venivano uccise da una a cinque persone. Vengono trattati come una forza ostile – niente misure di controllo della folla, niente gas lacrimogeni – solo fuoco aperto con tutto ciò che si può immaginare: mitragliatrici pesanti, lanciagranate, mortai. Poi, una volta aperto il centro, gli spari cessano e sanno che possono avvicinarsi. La nostra forma di comunicazione sono gli spari”.

“Tecnicamente, dovrebbe essere un fuoco di avvertimento – per spingere la gente indietro o per impedirle di avanzare (…) ma ultimamente, sparare granate è diventata una pratica standard. Ogni volta che spariamo, ci sono vittime e morti, e quando qualcuno chiede perché è necessaria una granata, non c’è mai una valida risposta. Anzi, a volte il solo fatto di porre la domanda infastidisce i comandanti”.

“Quando abbiamo chiesto perché avessero aperto il fuoco, ci è stato risposto che era un ordine dall’alto e che i civili costituivano una minaccia per le truppe. Posso dire con certezza che le persone non erano vicine alle forze armate e non le mettevano in pericolo. È stato inutile: sono stati uccisi e basta, per niente. Questa cosa chiamata uccidere persone innocenti è stata normalizzata. Ci è stato costantemente detto che a Gaza non ci sono non combattenti, e a quanto pare questo messaggio è stato recepito dalle truppe”.

“Si parla di usare l’artiglieria su un incrocio pieno di civili come se fosse normale (…) Un’intera conversazione sul fatto che sia giusto o sbagliato usare l’artiglieria, senza neppure chiedersi perché quell’arma fosse necessaria in primo luogo. Ciò che preoccupa tutti è se questo possa danneggiare la nostra legittimità di continuare a operare a Gaza. L’aspetto morale è praticamente inesistente. Nessuno si ferma a chiedersi perché decine di civili in cerca di cibo vengano uccisi ogni giorno”.

Queste testimonianze si aggiungono ai resoconti pubblicati la scorsa settimana dalla rivista +972 sull’uso dei droni da parte dell’IDF per far rispettare gli ordini di espulsione da Gaza. I soldati hanno raccontato di aver deliberatamente preso di mira i civili in modo che gli altri imparassero a non tornare. Ecco alcune delle testimonianze raccolte dai soldati, che offrono un quadro di queste regole di ingaggio permissive nella striscia:

“Ci sono stati molti episodi di lancio di granate dai droni (…), erano diretti contro militanti armati? Sicuramente no. Una volta che un comandante definisce una linea rossa immaginaria che nessuno può oltrepassare, chiunque lo faccia è destinato alla morte (…) anche solo per aver camminato per strada”.

“C’era un ragazzo che è entrato nella zona [off-limits]. Non ha fatto nulla. [Altri soldati] hanno affermato di averlo visto in piedi e parlare con delle persone. Tutto qui: hanno lanciato una granata da un drone”.

“Nella maggior parte dei casi, non c’era nulla che si potesse dire a se stessi (…) non c’era modo di completare la frase: ‘Li abbiamo uccisi perché…’”.

“Chiunque individuano, lo uccidono (…) se le persone si muovono lì intorno – è una minaccia”.

Tutte queste testimonianze confermano ciò che molti già sapevano ascoltando i palestinesi e gli attivisti sul territorio. E poiché queste preziose testimonianze provengono dall’interno del sistema, rivelano che questa orribile realtà non è dovuta solo a incidenti isolati o a qualche comandante fuori controllo, ma alla politica dell’IDF e al suo sistematico disprezzo per la vita dei palestinesi.

Nel frattempo, gli assalti continuano, con i palestinesi che vengono uccisi ogni giorno in numero impressionante. Oggi gli ospedali di Gaza hanno riferito che un totale di 38 palestinesi sono stati uccisi dal fuoco dell’IDF, di cui 24 mentre aspettavano gli aiuti umanitari.

Il tentativo del governo israeliano di nascondere l’orribile realtà che si sta verificando sul campo, manipolando il linguaggio e camuffando le politiche, deve essere denunciato per quello che è:

Concentrare milioni di sfollati affamati sulle rovine di una città non è creare una “città umanitaria”, così come la pulizia etnica non è “emigrazione volontaria”, le trappole mortali non sono “centri di distribuzione degli aiuti”, controllare i bisogni primari di milioni di persone non è “permettere l’ingresso degli aiuti” e migliaia di bambini morti non sono “danni collaterali”.

Gli attacchi devono cessare. Sono necessari un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi. Ora.

https://www.breakingthesilence.org.il/

Breaking the Silence è un’organizzazione di soldati veterani che hanno prestato servizio nell’esercito israeliano dall’inizio della Seconda Intifada e che si sono presi la responsabilità di esporre al pubblico la realtà della vita quotidiana nei Territori Occupati. Ci sforziamo di stimolare il dibattito pubblico sul prezzo pagato per una realtà in cui giovani soldati si trovano quotidianamente di fronte a una popolazione civile e sono impegnati nel controllo della vita quotidiana di quella popolazione. Il nostro lavoro mira a porre fine all’occupazione.

https://www.breakingthesilence.org.il/about/organization

 
=============
 
In the world’s media today, news broke that Israel has decided on “tactical pauses” to let aid into Gaza. We spread this statement by the Israeli veteran soldiers’ organisation “Breaking the silence”, which calls for a look at the actual actions of the IDF and the Israeli government, which with this decision have not changed policy and continue, even today, in the deliberate killing of Palestinians in search of something to feed themselves with. An important voice from Israel, to be made known. Center for documentation against war

Don’t listen to their words, watch their actions.

Today, the IDF announced daily “humanitarian pauses” and resumed airdrops of aid into Gaza. But this isn’t a genuine shift in policy. It’s simply the latest manifestation of a twisted logic that leverages food as a means of control, not one with an actual intent to disperse aid. A deep dive into what’s happening on the ground unmasks the real agenda at play.

Earlier this month, Israeli Defense Minister Israel Katz unveiled the government’s plan to forcibly concentrate Gaza’s entire population in a so-called “humanitarian city” built on the ruins of Rafah. Together, these military actions and political decisions represent two sides of the same strategy shaping Gaza’s future and realizing the Israeli right’s ultimate dream of ethnically cleansing the Palestinian population from Gaza altogether.

The only people who will be allowed to leave this “humanitarian city” will do so through mechanisms set up to encourage “voluntary emigration.” Another euphemism that has made its way into mainstream discourse. The terms “humanitarian city” and “voluntary emigration” are deliberate attempts to use language to mask a horrific reality. Just like the so-called “aid centers”—the four GHF sites supposedly intended to serve nearly 2 million people—where, instead, over 800 Palestinians have been killed while simply trying to access food.

We are almost 22 months in, and the ceasefire deal is once again stalling, the Israeli government keeps shifting the goalposts, prolonging the military operations which serve both the messianic settler agenda and Netanyahu’s own political survival.

And so, while our government continues to rely on vague language and deny the reality we witness daily, soldiers’ testimonies have played a crucial role in exposing what is actually happening on the ground.

We’ve seen report after report, video after video, showing Palestinians being shot at while trying to reach food for themselves and their families. A few weeks ago, Haaretz revealed that soldiers were instructed by their commanders to fire at crowds near the GHF distribution sites to drive them away, even when it was clear they posed no threat. Here’s how soldiers described the scenes:

“It’s a killing field (…) where I was stationed, between one and five people were killed every day. They’re treated like a hostile force – no crowd-control measures, no tear gas – just live fire with everything imaginable: heavy machine guns, grenade launchers, mortars. Then, once the center opens, the shooting stops, and they know they can approach. Our form of communication is gunfire.”

“Technically, it’s supposed to be warning fire – either to push people back or stop them from advancing (…) but lately, firing shells has just become standard practice. Every time we fire, there are casualties and deaths, and when someone asks why a shell is necessary, there’s never a good answer. Sometimes, merely asking the question annoys the commanders.”

“When we asked why they opened fire, we were told it was an order from above and that the civilians had posed a threat to the troops. I can say with certainty that the people were not close to the forces and did not endanger them. It was pointless – they were just killed, for nothing. This thing called killing innocent people – it’s been normalized. We were constantly told there are no noncombatants in Gaza, and apparently that message sank in among the troops.”

“They talk about using artillery on a junction full of civilians as if it’s normal (…) An entire conversation about whether it’s right or wrong to use artillery, without even asking why that weapon was needed in the first place. What concerns everyone is whether it’ll hurt our legitimacy to keep operating in Gaza. The moral aspect is practically nonexistent. No one stops to ask why dozens of civilians looking for food are being killed every day.”

These testimonies add to accounts published last week in +972 Magazine about the IDF’s use of drones to enforce expulsion orders across Gaza. Soldiers described deliberately targeting civilians so others would “learn” not to return. Here are some of the testimonies shared by soldiers, offering insight into these lax rules of engagement in the strip:

“There were many incidents of dropping grenades from drones (…), were they aimed at armed militants? Definitely not. Once a commander defines an imaginary red line that no one is allowed to cross, anyone who does is marked for death (…) even just for walking in the street.”

“There was a boy who entered the [off-limits] zone. He didn’t do anything. [Other soldiers] claimed to have seen him standing and talking to people. That’s it — they dropped a grenade from a drone.”

“In most cases, there was nothing you could tell yourself (…) there was no way to complete the sentence, ‘We killed them because…’”

“Whoever they spot, they kill (…) if people are moving around there – it’s a threat.” 

All of these testimonies confirm what many already knew from listening to Palestinians and activists on the ground. And since these invaluable accounts come from within the system, they reveal that this horrific reality is not just the result of isolated incidents or a few commanders gone rogue, but of IDF policy and its systemic disregard for Palestinian life.

Meanwhile, the assaults continue, with Palestinians still being killed in staggering numbers each day. Today, Gaza hospitals reported that a total of 38 Palestinians were killed by IDF fire, including 24 while waiting for humanitarian aid.

The Israeli government’s attempt to conceal the horrific reality unfolding on the ground by manipulating language and disguising policies must be called out for what it is:

Concentrating millions of starving displaced people on the ruins of a city is not establishing a “humanitarian city,” just as ethnic cleansing is not “voluntary emigration,” death traps are not “aid distribution centers,” controlling the basic needs of millions is not “allowing aid in”, and thousands of dead children are not “collateral damage.”

The attacks must stop. A ceasefire and hostage deal must be made. Now.

https://www.breakingthesilence.org.il/

Breaking the Silence is an organization of veteran soldiers who have served in the Israeli military since the start of the Second Intifada and have taken it upon themselves to expose the public to the reality of everyday life in the Occupied Territories. We endeavor to stimulate public debate about the price paid for a reality in which young soldiers face a civilian population on a daily basis, and are engaged in the control of that population’s everyday life. Our work aims to bring an end to the occupation.

https://www.breakingthesilence.org.il/about/organization

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Israele … (e gli USA) attaccano l’Iran – Israel … ( and US) attack Iran

Archivio Primo Moroni ─ Calusca City Lights ─ CSOA Cox 18
via Conchetta 18 – Milano (MM2 Romolo, bus 90/91 e 47, tram 3)

sabato 21 giugno 2025 ore 20.30

 

ISRAELE ATTACCA L’IRAN

discussione su una guerra reazionaria che “non ci riguarda”

 

Stiamo dalla parte del proletariato e delle masse
palestinesi, mediorientali e iraniane

contro l’aggressione imperialista occidentale condotta da Israele
e contro le reazionarie borghesie locali.

Ancora una volta il proletariato è “solo contro tutti”.
Come declinare l’autonomia di classe?

a cura del Centro di documentazione contro la guerra

Sarà possibile seguire e partecipare anche online scrivendo a:

centrodocumentazionecontrolaguerra@inventati.org

 

ISRAEL ATTACKS IRAN

discussion on a reactionary war that ‘does not concern us’

 

We stand with the proletariat and the Palestinian,
Middle Eastern and Iranian masses
against Western imperialist aggression led by Israel 
and against the reactionary local bourgeoisies.
Once again the proletariat is “alone against all”. 
How can class autonomy be declined?

 

Organized by the Center for Documentation against War

Il podcast dell’incontro è disponibile qui:

The meeting podcast is available here:

 

materiali dall’Iran e sull’Iran in preparazione dell’incontro, qui

materials from and about Iran in preparation for the meeting, here

 

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USA-Europa

Archivio Primo Moroni ─ Calusca City Lights ─ CSOA Cox 18
via Conchetta 18 – Milano (MM2 Romolo, bus 90/91 e 47, tram 3)

 

Venerdì 21 marzo 2025, ore 20.30

 

USA – Europa

tra protezionismo americano e riarmo europeo

nell’accelerazione del “nuovo disordine mondiale”

 

Dopo tre anni di “guerra per procura” tra gli imperialismi

USA-Nato e russo, Trump vuole far pagare gli altissimi

costi della guerra al proletariato ucraino.

 

Italia, Europa, USA, Russia, Ucraina, Cina, …

non sono “patrie da difendere”.

 

Il disfattismo è l’unica risposta per contrastare

la guerra globale che si avvicina.

 

Con la partecipazione di

Sandro Moiso della redazione di Carmilla on line

 

a cura del Centro di documentazione contro la guerra

 

Il podcast dell’incontro è disponibile qui:

https://archive.org/details/usa-europa-21-03-2025

 

Friday 21 March 2025  8.30 p.m.

 

US-Europe

between American protectionism and European rearmament

in the acceleration of the ‘new world disorder’

 

After three years of ‘proxy war’ between US-NATO and

Russian imperialisms, Trump wants to make the highest

costs of the war on the Ukrainian proletariat.

 

Italy, Europe, USA, Russia, Ukraine, China, …

are not ‘homelands to be defended’.

 

Defeatism is the only answer to oppose

the approaching global war.

 

With the participation of

Sandro Moiso from the Carmilla on line editorial staff

 

Organized by the Center for Documentation against War

 

The meeting podcast is available here:

https://archive.org/details/usa-europa-21-03-2025

 

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Gli “arabi” di Israele – the “Arabs” of Israel

Archivio Primo Moroni ─ Calusca City Lights ─ CSOA Cox 18
via Conchetta 18 – Milano (MM2 Romolo, bus 90/91 e 47, tram 3)

 

Mercoledì 12 febbraio 2025
ore 20.30

 

una testimonianza diretta dalla Palestina

gli “arabi” di Israele

nella guerra e nella pulizia etnica, di fronte alla repressione israeliana

 

incontro con Mohamed Younis

esperto di politiche pubbliche del territorio

 

a first-hand account from Palestine

the “Arabs” of Israel

in warfare and ethnic cleansing, facing Israeli repression

meeting with Mohamed Younis 

an expert on public policies of the territory

a cura del Centro di documentazione contro la guerra

 

Il podcast dell’incontro è disponibile qui:

The meeting podcast is available here:

https://archive.org/details/gli-arabi-di-israele-nella-guerra-e-nella-pulizia-etnica-di-fronte-alla-repressi

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La collaborazione tra Italia e Israele nella pulizia etnica in Palestina

Archivio Primo Moroni – Calusca City Lights – CSOA Cox 18
via Conchetta 18 – Milano (MM2 Romolo, bus 90/91 e 47, tram 3)

 

Giovedì 30 gennaio 2025 ore 20.30

 

Non siamo certi che la tregua a Gaza duri e ponga fine alla guerra aperta. Siamo invece assolutamente certi che la pulizia etnica dei palestinesi proseguirà e che il governo e l’opposizione italiani continueranno ad esserne complici.

(We are not sure that the truce in Gaza will last and put an end to the open war. Instead, we are absolutely certain that the ethnic cleansing of the Palestinians will continue and that the Italian government and opposition will continue to be complicit in it.)

 

La collaborazione Italia – Israele

tra le rispettive Università

e i centri di ricerca

(The collaboration between Italy and Israel through their respective Universities and research centers)

con Daniele Ratti

 

 

I rapporti tra Italia e Israele e le missioni

militari in Libano e nel Golfo di Aden

(The relations between Italy and Israel and the military missions in Lebanon and in the Gulf of Aden)

a cura del Centro di documentazione contro la guerra

 

bibliografia – bibliography

 

Il podcast dell’incontro è disponibile qui:

The meeting podcast is available here:

https://archive.org/details/la-collaborazione-e-i-rapporti-tra-italia-e-israele-30-01-2025

 

 

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Abusi dei soldati israeliani sui palestinesi ad Hebron – Abuse of palestinians by Israeli soldiers in the center of Hebron

Vi segnaliamo l’ultimo rapporto di B’Tselem, il Centro d’informazione israeliano per i diritti umani nei Territori Occupati, pubblicato oggi 3 dicembre 2024, che rivela ancora una volta una realtà insopportabile: gravi abusi di routine sui palestinesi da parte dei soldati israeliani nel centro di una delle principali città della Cisgiordania (Hebron). Hanno intitolato il rapporto “Unleashed” (scatenato, senza freni), perché l’ondata di violenza riversata sui palestinesi nell’ultimo anno ha cambiato le norme di comportamento nelle forze armate.

Il rapporto si basa su oltre 20 testimonianze raccolte da B’Tselem di palestinesi che hanno subito abusi da parte di soldati israeliani tra maggio e agosto 2024. Le vittime descrivono di essere state catturate a caso dai soldati, per lo più mentre camminavano per le strade della città, svolgendo le loro attività quotidiane. Sono stati picchiati e sottoposti a gravi abusi da parte dei soldati, a volte per strada, altre volte all’interno degli avamposti militari dove sono stati portati.

Dopo più di un anno in cui Israele ha condotto una guerra sfrenata contro il popolo palestinese e il governo israeliano ha disumanizzato i palestinesi nel dibattito pubblico, questo abuso collettivo è diventato parte delle operazioni di routine dell’esercito israeliano in Cisgiordania.

Qui potete leggere il report completo e vedere le testimonianza delle vittime (inglese)

B’Tselem, Unleashed, Abuse of palestinians by Israeli soldiers in the center of Hebron, 3 dicembre 2024

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We would like to point out the last report of B’Tselem’s, the Israeli Information Centre for Human Rights in the Occupied Territories, out today, 3 December 2024, again reveals an unbearable reality: routine, severe abuse of Palestinians by Israeli soldiers in the center of a major West Bank city (Hebron). They called the report “Unleashed“, because the wave of violence unleashed on Palestinians this past year has changed norms of conduct in the military.

The report is based on over 20 testimonies collected by B’Tselem from Palestinians who were abused by Israeli soldiers between May and August 2024. Victims describe being randomly seized by soldiers, mostly as they were walking down the streets of the city, going about their daily affairs. They were beaten and subjected to severe abuse by soldiers, sometimes in the street, and at other times inside military outposts where they were taken.

After more than a year of Israel waging an unchecked war against the Palestinian people, and the Israeli government dehumanization of Palestinians in public discourse, this collective abuse has become part of the routine operations of the Israeli military in the West Bank.

Read here the full report and watch the victims’ testimonies

B’Tselem, Unleashed, Abuse of palestinians by Israeli soldiers in the center of Hebron, 3rd december 2024

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Ancora su diserzione, disfattismo, internazionalismo, guerra

Dal passato della lotta tra le classi un’indicazione per il disfattismo contro la guerra dell’oggi

La pubblicazione del libro Il disertore, che con una lunga presentazione di Luca Salza, propone il discorso tenuto alla Camera da Francesco Misiano, allora deputato socialista, poi del PCd’I, il 12-7-1920 in propria difesa contro la richiesta di autorizzazione a procedere perché disertore nella Prima Guerra Mondiale, assieme alla testimonianza in sua difesa dell’altro deputato socialista Oddino Morgari, ci fornisce l’occasione per ritornare sulla questione della diserzione, del disfattismo, dell’internazionalismo e della guerra.

Temi che recentemente sono emersi nel dibattito politico per il crescere della renitenza e della diserzione in Ucraina e su cui siamo già intervenuti (vedi https://centrodidocumentazionecontrolaguerra.noblogs.org/diserzione-renitenza-disfattismo/) sostenendo la necessità di collegare l’atto “individuale” della renitenza e della diserzione all’atto “collettivo” della guerra di classe contro il capitalismo, per poter porre fine alla guerra imperialista o, se possibile, oggi, bloccare lo scivolamento verso di essa prima … che sia troppo tardi.

L’operato politico di Misiano, condensato nel suo discorso, che non è una richiesta di scuse o una giustificazione contro le accuse di vigliaccheria per aver disertato, ma un’aperta rivendicazione della partecipazione alla guerra di classe contro il capitalismo e, conseguentemente, alla lotta antimilitarista prima, durante e dopo la Prima Guerra Mondiale, è esemplificativo di come vadano tra di loro connessi gli aspetti dell’antimilitarismo proletario, di classe, rivoluzionario.

Misiano partecipa e organizza la mobilitazione contro la guerra a Napoli nel 1914, contro l’incombente minaccia del conflitto mondiale e in protesta per i proletari uccisi nella “settimana rossa” di Ancona. Ferroviere paga con il licenziamento la partecipazione alla lotta.

Licenziato politico il sindacato dei ferrovieri lo manda a Torino, dove organizza e partecipa anche qui alle agitazioni contro la guerra, sia essa combattuta a fianco di Austria, Germania e Russia o, come poi avvenne, a fianco di Francia, Inghilterra, USA. Repressione, morti proletari in piazza Castello, prigione per Misiano.

Entrata l’Italia in guerra nel 1915 viene chiamato alle armi, la sua prima decisione è quella di presentarsi in caserma, addirittura chiede senza successo di fare il corso ufficiali, per poter meglio propagandare e organizzare la lotta alla guerra, il disfattismo tra i proletari in divisa. Prigione, internamento manicomiale, restrizioni disciplinari ad personam, isolamento dagli altri soldati, prospettiva di essere mandato al fronte senza addestramento e farlo ammazzare subito dal nemico perché antimilitarista, lo spingono alla decisione di saltare il muro della caserma, di disertare, perché accettando di combattere, andando al fronte a queste condizioni, non potrebbe più svolgere la lotta disfattista contro la guerra.

Ripara in Svizzera dove nel movimento socialista continua la lotta disfattista, antimilitarista, con i socialisti (poi comunisti) che organizzeranno la Conferenza di Zimmerwald, contro la guerra, contro la capitolazione allo sciovinismo nazionalista di buona parte dei partiti socialisti europei che consegnarono al macello mondiale i proletari di tutti i paesi.

Dopo un fermo e con il rischio di essere arrestato nel 1918 abbandona la Svizzera, vorrebbe recarsi in Russia per dirigere, su invito di Angelica Balabanoff, il giornale per i volontari italiani del corpo di spedizione in Russia. Si trova in Germania, dove interviene a sostegno della guerra di classe tra i prigionieri di guerra italiani in attesa di rimpatrio.

Nel 1919 partecipa ai moti spartachisti e rimasto senza munizioni viene catturato a Berlino durante la difesa dalle “Freikorps” del Vorwarts (l’organo di stampa del Partito socialdemocratico tedesco), la cui sede berlinese fu occupata dagli spartachisti dal 6 al’11 gennaio 1919).

Scampato alla morte sul posto e poi alla detenzione rientra in Italia. Si reca a Fiume sempre nel 1919, dove vuole far insorgere la popolazione contro D’Annunzio e i suoi legionari. Il poeta ne richiederà l’uccisione con il ferro.

Primo eletto dei socialisti a Napoli, viene sottoposto ad attacchi squadristi e violenze di ogni genere, e sottoposto a procedimento per diserzione nonostante l’amnistia per i disertori del governo NItti, ma si sa, lui era Misiano, il disfattista.

Tralasciamo le ulteriori vicende terrene di Misiano che si concluderanno in Russia il 18-8-1936, dove per sfuggire alla repressione staliniana chiederà, senza successo, di essere inviato in Abissinia, per lottare contro l’imperialismo italiano.

Ci preme sottolineare come Misiano sia riuscito a coniugare la lotta antimilitarista disfattista prima e durante la guerra, la diserzione, e la partecipazione al tentativo rivoluzionario in Germania, la guerra di classe; come sia riuscito a dare concretezza alla lotta alla guerra.

La sua indicazione ci serve oggi, alla luce delle odierne condizioni, per ragionare su come intervenire per contrastare lo scivolamento nella guerra, per fare delle diserzioni in corso in Russia e in Ucraina uno strumento collettivo contro la guerra lì per tentare di bloccarla, qui per cercare di denunciarla e impedirla, ben sapendo che senza guerra di classe non è possibile.

In questo senso ha ragione Oddino Morgari quando sostiene nella sua testimonianza alla Camera a favore di Misiano: “… una cosa è certa, che l’atto del Misiano potrà col tempo moltiplicarsi e potrà aversi questo spettacolo di un intero esercito che non dirò diserta, perché non può adoperarsi questa parola per un caso collettivo, ma si rivolta contro la guerra, …” pp. 75-76

Francesco Misiano, Il disertore, prefazione di Luca Salza, Cronopio, agosto 2024, Napoli

 

Libreria Calusca via Conchetta, 18               

Domenica 1 dicembre 2024, ore 17:00

presentazione del libro:

Francesco Misiano, il Disertore, Cronopio Edizioni

con il curatore Luca Salza

 

 

Note biografiche su Francesco Misiano

AA.VV., Francesco Misiano, www.quinterna.org/biografie/misiano_francesco.htm

Masi Giuseppe, Francesco Misiano, www.treccani.it/enciclopedia/francesco-misiano_%28Dizionario-Biografico%29/

Pantalone Sergi (a cura di), Misiano Francesco, in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea & Centro ricerca sulle migrazioni https://www.icsaicstoria.it/dizionario/misiano-francesco/

Wikipedia, Francesco Misiano, https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Misiano

Camera dei deputati, portale storico, Francesco Misiano https://storia.camera.it/deputato/francesco-misiano-18840626#nav

(solo dati anagrafici e di studio, e 38 interrogazioni e citazioni, non c’è l’intervento, solo un’interrogazione precedente sulla questione in cui Misiano chiede provocatoriamente:

« Il sottoscritto chiede d’ interrogare il ministro della guerra, per sapere, in relazione ad un telegramma indirizzatogli dall’Associazione liberale milanese e riprodotto dai giornali :

1° Da quale fronte ho disertato ;

2° Con quali nemici ho avuto rapporti ;

3° Da quale autorità giudiziaria militare sono stato condannato ed a quale pena.

« Misiano ».

LEGISLATURA XXV – T SESSIONE – DISCUSSIONI – TORNATA DELL’11 DICEMBRE 1919

Atti parlamentari, Camera dei Deputati, p. 161

https://storia.camera.it/regno/lavori/PDF/RI_LEG25/unica/00161.pdf)

 

Alcune segnalazioni del libro

Felice Cimatti, Il Coraggio della vigliaccheria. Il disertore Francesco Misiano, 18-11-2024

https://www.fatamorganaweb.it/francesco-misiano-il-disertore/

Intervista al curatore Luca Salza su Raiplay

https://www.raiplaysound.it/audio/2024/10/Qui-comincia-del-30102024-9b5bce82-de5f-4cf4-b271-5e47faa4b04d.html

Intervista al curatore Luca Salza sul canale Il Posto delle Parole

https://www.youtube.com/watch?v=uJkb9f_u9yA

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Diserzione, renitenza, disfattismo

Dall’Ucraina all’Italia, guerra alla guerra, contro la prospettiva di una IIIª guerra mondiale

Queste note sono state ispirate dall’assemblea “Disertiamo la guerra” che si terrà domenica 20-10-2024 presso il CSOA Cox18, via Conchetta 18, Milano, cui vi invitiamo a partecipare. Un’assemblea per fare del 4 novembre, festa delle forze armate, la giornata del disertore, con un presidio davanti al consolato ucraino di Milano. Un’assemblea che ha il pregio di riportare l’attenzione sulla guerra in Ucraina tutt’altro che scomparsa, e che interviene sul tema della prospettiva verso una IIIª guerra mondiale. Il nostro è un contributo aperto e vuole essere costruttivo su quello che condividiamo e su quello che secondo noi non va. Le prospettive politiche rivoluzionarie si costruiscono anche con il confronto sulle divergenze, per superarle e andare avanti.

La guerra intercapitalista e reazionaria da parte di tutti i fronti direttamente o “indirettamente” coinvolti in Ucraina continua mietendo vittime tra gli ucraini e tra i russi dal 24 febbraio 2022. Questa guerra è un potente fattore di “avvicinamento” alla possibilità di trasformazione della crisi generale del capitalismo in una Terza Guerra Mondiale, nel fondamentale teatro di scontro tra bande capitaliste rivali che è l’Europa. Ma l’assuefazione generata dalla copertura mediatica di regime e i riflettori puntati sull’altra guerra, altrettanto reazionaria, in corso in Palestina e in Libano, fanno sì che di essa si parli poco. (Come pure, per inciso, si tace sulla pulizia etnica, genocidaria, in corso in Palestina ad opera dello stato sionista israeliano; tutt’al più ci si sorprende che Israele colpisca i caschi blu in Libano, compresi gli italiani, anche se fino ad ora l’Italia ha sempre avallato, con tutti i governi, la barbarie israeliana).

Non se ne parla molto anche se l’Europa ha recentemente fatto un ulteriore avvicinamento alla possibilità di una Terza Guerra Mondiale con la risoluzione sul Proseguimento del sostegno finanziario e militare all’Ucraina del 19.9.2024, che consente l’utilizzo senza restrizioni dei sistemi d’arma forniti dall’Occidente (Nato & friends) “… contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo” (par. 8). (377 sì, 191 no e 51 astenuti). Come ben sanno i parlamentari europei, solo le bombe dei “nostri nemici” finiscono anche sui civili.

Centro destra e centro sinistra italiani preparano anch’essi la guerra globale

Interrompiamo un attimo il flusso del ragionamento sulla diserzione tra le fila dei soldati ucraini e russi, ricordano l’ipocrisia italiana, i “due piedi in due scarpe”, nella votazione europea. La Lega di Salvini ha votato contro, ma sottolineando che non viene meno il suo sostegno all’Ucraina. Parte del Movimento 5 Stelle ha votato contro, perché non c’è l’indicazione di ricercare un negoziato. Fratelli d’Italia, Forza Italia e PD hanno votato contro il paragrafo 8 ma hanno sostenuto il resto della risoluzione. (Trascuriamo i casi singoli di voti a favore del par. 8)
Ma tutte queste forze politiche di centro destra e centro sinistra si sono ben guardate dal promulgare (se al governo) o dal richiedere (se all’opposizione) l’interruzione della fornitura d’armi all’Ucraina. Si parla molto della pace, ma nei fatti la guerra deve continuare sulla pelle degli ucraini e dei soldati di leva ucraini e russi (con la benedizione di “sinistrati”, anarchici ??, trotzkisti ?? e verdi sciovinisti, che usando le stesse argomentazioni della socialdemocrazia tedesca o degli irredentisti italiani nella Prima Guerra Mondiale, si raccontano che in Ucraina sarebbe in corso una guerra per la difesa popolo ucraino oppresso dall’imperialismo russo).

In Ucraina si continua a combattere, ma i soldati russi ed ucraini disertano

Torniamo alle diserzioni nella guerra ucraina. I nostri media di regime e d’opposizione, se non quasi di sfuggita, si sono ben guardati dall’intervenire approfonditamente sul fenomeno della diserzione dei soldati ucraini.
Sono talmente codini e in massima parte impegnati a sostenere la guerra che, pur distribuendo spesso l’epiteto di “putiniano” a chiunque non si è accodato come loro al sostegno della mattanza dalla sponda ucraina, quand’anche sostenesse apertamente che l’imperialismo russo è il primo responsabile politico della guerra in Ucraina (essendo stata la sua cricca dirigente a decidere per l’intervento armato, sulla base di una politica reazionaria quanto quella della Nato e per cui nessun proletario, di qualsiasi nazionalità, ha da spendere una .. sillaba di sostegno), da non aver pressoché menzionato nemmeno le diserzioni di militari russi e la tremenda repressione contro gli oppositori alla guerra, incarcerati e ammazzati dal regime russo.
Dimenticanza” forse imputabile a un’intima convinzione per cui non di deve in nessun modo favorire qualsivoglia sentimento contro la guerra, contro la “sacra” difesa della patria; né si deve intralciare l’indottrinamento bellico ammanito nelle scuole italiane fin dalle elementari, con le solite fanfaluche sulla difesa della patria, le carriere militari, ecc. Per sicurezza, qualsiasi opposizione alla guerra è meglio che sia perseguita anche se si manifesta tra le fila del “nemico”.
Ed è così che, fin dall’inizio della guerra in Ucraina, nonostante centinaia di migliaia di giovani siano scappati dalla Russia per non partecipare alla guerra reazionaria di Putin, l’Europa si sia ben guardata dal concedere loro l’asilo politico.
Come pure ha fatto finta di credere che tra i 14 milioni di ucraini che hanno abbandonato il paese dall’inizio della guerra (1) ci fossero solo profughi creati dai russi, ma non anche disertori che non avevano alcuna voglia di combattere per la propria “patria”.

La diserzione tra i ranghi russi è assai difficile da quantificare, data la rigidissima censura putiniana e la costante persecuzione contro tutti gli oppositori alla guerra. Ma i tentativi di aumentare le “coscrizioni volontarie” aumentando le paghe, coinvolgendo carcerati e immigrati con promesse di amnistia o di regolarizzazione, ci rammentano che forse non è cosi semplice per i russi trovare muovi soldati. Le numerose voci non confermate “ufficialmente” ci fanno ben sperare che le molotov contro i centri di reclutamento e la ribellione o diserzione dei soldati non si siano esauriti. Sicuramente centinaia di migliaia di giovani hanno abbandonato la Russia nei primi tempi della guerra.

Il fenomeno della diserzione anche tra gli ucraini, dopo questi anni di guerra, sembra in costante aumento e qui abbiamo qualche dato in più. Solo nei primi quattro mesi del 2024 sarebbero stati aperti 10.584 procedimenti per “abbandono di unità militare o luogo di servizio”, e 7.306 per “diserzione” (2). Secondo il comandante di battaglione Roman Kovalev nelle unità di fanteria il fenomeno della fuga potrebbe interessare «fino al 30% dei soldati»; per Ruslan Gorbenko – deputato del partito di Zelensky – ci sarebbero già state 80 mila diserzioni; per il politologo Oles Donii le diserzioni sarebbero state 9.000 nel 2022, 21.000 nel 2023 e già 37.000 nel 2024.(3) Il giornale ucraino Kviv Post riporta che secondo l’Ufficio del Procuratore Generale ucraino dal 2022 sarebbero stati aperti più di 60.000 procedimenti per diserzione (4). Il giornalista e militare Volodymyr Boiko sul suo blog il 20.8.2024 ha scritto che i disertori ucraini dall’inizio della guerra sarebbero ormai 150.000 e che sarebbero aumentati soprattutto nell’ultimo semestre (5).

Al di là delle cifre evidenti segnali delle difficoltà in corso nel reclutare nuovi soldati e nel contenere le diserzioni, si possono rintracciare in alcune misure adottate dal governo ucraino.

Nell’aprile 2024 il parlamento ucraino ha introdotto una nuova legge per la mobilitazione di guerra e nel progetto iniziale era stato inserito anche un articolo che prevedeva la “demobilitazione” dopo 36 mesi di servizio militare. Probabilmente un tentativo di dare una risposta alle proteste dei soldati lasciati senza cambio al fronte dal febbraio 2022 con forse 10 giorni di licenza due volte l’anno (6) e al crescere delle diserzioni. L’articolo della legge è stato però cancellato su richiesta del Ministro della Difesa Umerov e del comandante in capo delle forze armate ucraine generale Syrsky. Sarebbe stata promessa, al suo posto, una legge specifica sulla “demobilitazione”, ma ad oggi non se ne è più sentito parlare (7).

Ma anche se secondo le fonti del regime ucraino la nuova legge sulla mobilitazione starebbe funzionando e gli arruolamenti starebbero crescendo (8), tuttavia con la legge 11322 del 20.8.2024 è stato depenalizzato il primo tentativo di diserzione. Viene permesso al soldato di rientrare alla sua unità senza punizione, se il suo comandante è d’accordo. (9)
Ci sembra ovvio che il soldato disertore “pentito” che dovesse rientrare alla propria unità, sarebbe di certo adibito a compiti e missioni ad alto rischio per liberarsene prima possibile. Speriamo che nessuno caschi in questo tranello!
(E’ interessante considerare che in una situazione di guerra aperta come è per l’Ucraina, la pena per i disertori oscilli dal perdono ai 5-10 anni di prigione a seconda dei casi. In Italia gli art. 143-151 del Codice penale militare di guerra, dopo l’abolizione della pena di morte, prevedono una pena detentiva pari alla pena detentiva massima prevista dal codice penale per le varie tipologie di diserzione) (10)

Ma quello che ci preme non è determinare una cifra esatta dei disertori ucraini e/o russi, né se gli arruolamenti progrediscano o meno (sono in buona parte forzati, in entrambi i paesi) bensì definire alcune valutazioni politiche in proposito.

Il proletariato, innanzitutto nel cosiddetto mondo occidentale, non è attualmente in grado, nel suo insieme, nella sua maggioranza politica, di praticare una prassi di opposizione alla guerra in corso, di riuscire a contrastare le forniture d’armi all’Ucraina, di appoggiare concretamente le opposizioni al conflitto che si manifestano nei due paesi (e in Russia, e in Bielorussia, le proteste sono state estese, colpite da una repressione durissima e lasciate isolate a se stesse, senza nessuna reale forma concreta di sostegno, non solo dagli stati europei avversi alla Russia e alla Bielorussia, ma molto spesso anche dai settori di militanza politica occidentale, spesso ancora impegolati nelle paludi del sostegno “sciovinista al contrario” alla Russia contro la Nato).

Mancando oggi un’opposizione di classe diffusa e radicata, per differenti storie e motivi sia in Russia, sia in Ucraina, in grado di contrastare la partecipazione alla guerra, di organizzare il rovesciamento di fronte contro la propria borghesia (applicare concretamente, armi alla mano, il concetto che il nemico non è oltre la frontiera), chi vuole sottrarsi alla guerra imperialista in corso, sceglie di “scappare dalla guerra”, di salvarsi individualmente dal massacro.

Date queste condizioni soggettive della lotta tra le classi, noi non possiamo che essere solidali con queste forme di protesta individuale (che individuali rimangono anche quando possono godere dell’appoggio di reti collettive per poter fuggire dal fronte e dal paese). Non c’è alcuna utilità nell’essere ammazzati in questa guerra e la logica dei martiri non appartiene alla lotta di classe rivoluzionaria. Non solo, la solidarietà e l’appoggio ai disertori e agli oppositori russi, bielorussi ed ucraini diviene, nell’arretrata situazione attuale, un elemento da usare per incrinare lo spirito bellicista e la subordinazione alla politica di guerra dominante, al fronte Nato, alla logica sciovinista e interclassista della difesa contro l’aggressore.

E’ quindi fondamentale, oggi, rivendicare l’asilo politico immediato in Europa per tutti i disertori, renitenti, obiettori e oppositori ucraini, russi e bielorussi, fornendo loro nei limiti delle nostre possibilità un sostegno politico e concreto. Più che ai consolato ucraini, una mobilitazione a sostegno di questo obiettivo dovrebbe riguardare i governi italiano ed europei, riuniendosi di fronte alle loro sedi, diffondendolo in altre occasioni di mobilitazione sociale contro la guerra, come le manifestazioni contro il genocidio in Palestina.

Nella situazione attuale una politica disfattista deve usare anche questo elemento per cercare ci contrastare la corsa verso la guerra globale.

Alcune domande magari non gradevoli, ma necessarie

Ovviamente abbiamo parlato dei disertori ucraini e russi non per semplice (e dovuta) solidarietà, poiché al militare di professione preferiamo sempre chi in guerra non ci vuole andare, ma per parlare di qui, di quello che c’è da fare nel nuovo disordine mondiale, nella prospettiva verso una IIIª guerra mondiale.

La diserzione, la renitenza sono forme individuali di protesta, che non organizzano e non consentono di condurre la guerra alla guerra. Il disertore o il renitente una volta allontanatosi dal fronte e raggiunto un paese non belligerante continua per la propria strada individuale nella massima parte dei casi.

Se vere, le cifre di centinaia di migliaia di disertori sarebbero una percentuale molto elevata sul totale dei combattenti. Ma al momento tutta questa quantità non si è trasformata in una rete ed in una politica collettiva di massa. Non si tratta di gettare la croce sui disertori della guerra russo – ucraina e aspettarsi che ci cavino loro le castagne dal fuoco, ma di riconoscere che non esiste un movimento di massa dei disertori, che alla ricorrenza dell’inizio dell’aggressione russa gli ucraini all’estero nella massima parte manifestano per la guerra, per continuarla contro la Russia.
Un movimento di massa che oggi non c’è, ma non ci potrà essere neppure domani.

La quantità di disertori oggi è possibile perchè la maggior parte dei paesi confinanti non sono in guerra, il disertore ha quindi la possibilità di scappare in zone relativamente sicure, in cui non deve quotidianamente nascondersi dalla ricerca della “propria” polizia militare. Ma basterebbe solo che i paesi dove si sono rifugiati i disertori iniziassero a rispedirli nel paese di provenienza, per via dei documenti scaduti, perché in età militare, … per rendere assai più difficile e ancora più individuale la diserzione.

Se poi fossimo nella situazione di una guerra globale conclamata, scoppiata, i disertori non avrebbero paesi non belligeranti dove rifugiarsi e quand’anche la Svizzera rimanesse neutrale in un un futuro conflitto, ricordiamoci che durante la IIª guerra mondiale respingeva i profughi che si presentavano ai suoi confini, particolarmente quelle con le tasche vuote del proletario.

Inoltre se fossimo nella situazione di una guerra globale, dovremmo pure considerare che i paesi coinvolti nel conflitto non si limiterebbero certo a “impaurire” i disertori con la minaccia di una penda detentiva di 5-10 anni come oggi. Nelle guerre precedenti i disertori venivano fucilitati, o peggio. Tanto per ricordare quanto noi italiani siamo “brava gente”, durante la Iª guerra mondiale, sul fronte del Carso, i soldati italiani disertori venivano legati ad un palo vivi e issati sopra le trincee perché fossero colpiti dagli austriaci e fossero di monito per chi voleva disertare.
Noi non immaginiamo ancor bene la barbarie che il sistema capitalistico ci prepara per condurre la sua guerra.

Nel caso della precipitazione della crisi generale del capitalismo in guerra aperta, come si sta profilando, è per noi illusorio riporre la speranza che la diserzione e la renitenza possano inceppare il meccanismo bellico, frapporsi alla guerra. Anche nel conflitto in Ucraina non possono riuscire a bloccare la guerra, possono solo scappare dalla guerra. Anche una guerra “ geograficamente delimitata” come fu quella degli USA nel Viet Nam, non finì per le diserzioni, ma per la sintesi tra sconfitte militari statunitensi e desolidarizzazione col conflitto ad opera delle lotte e delle mobilitazioni dei movimenti sociali del periodo, scese anche violentemente in piazza.

L’unica possibilità per il proletariato di bloccare la guerra in generale e, con estrema difficoltà nella situazione attuale, dato il ritardo politico sul terreno dell’autonomia e dell’indipendenza di classe, di cercare impedire preventivamente che si finisca in una IIIª guerra mondiale, è quella di usare le armi non più contro il “nemico” ma contro i propri vertici militari, conducendo una vera e propria “guerra alla guerra”. La “pace subito” può essere ottenuta solo disarmando e sconfiggendo i propri vertici militari e repressivi, trasformando in pratica il vecchio slogan “il nemico non è oltre la frontiera”.

Nella situazione attuale la questione rimanda ad un punto dolente, difficile, di prospettiva. La sospensione della coscrizione obbligatoria, del servizio di leva, ha aumentato ancora di più il monopolio della forza, della violenza e della repressione in mano agli apparati statali capitalisti. Oggi abbiamo eserciti magari di ranghi ridotti (e sicuramente non sufficienti per una guerra globale), ma dotati di una “professionalità”, di un’altissima esperienza maturata sul campo in missioni militari all’estero, di un armamento sofisticato, aggiornato ed estremamente preparato nel campo del cosiddetto intervento in ambito urbano contro forze insorgenti grazie all’impostazione seguita con l’impostazione strategica “Nato 2020” e alle collaborazioni e formazioni congiunte anche con l’esercito israeliano. Oggi in Italia, ad esempio, abbiamo un esercito composto da un servizio professionale, da forze di completamento (ex militari disponibili ad essere richiamati) e da una Riserva Selezionata composta da ex militari altamente specializzati.

Indubbiamente in caso di scivolamento nella guerra globale il servizio di leva obbligatorio sarebbe immediatamente ripristinato e, in quest’epoca di “politicamente corretto” sicuramente anche per le donne. Ma le difficoltà operative su molti teatri bellici e missioni internazionali, stanno già spingendo più stati capitalisti a ripensare di ripristinare in qualche modo un servizio militare obbligatorio.

Di fronte a questa possibilità, avendo pur ben presente cosa sia stato il servizio militare in passato, dobbiamo ricordarci che l’unico modo per il proletariato di avere in mano in termini di massa le armi è quello di essere nell’esercito. Nessuna rivoluzione è mai riuscita senza questo requisito. L’ultima rivoluzione europea, quella del Portogallo nel 1974 è stata possibile perché i proletari erano nell’esercito e hanno girato le armi che avevano in dotazione contro il “proprio” stato.
Non pretendiamo di dire qui l’ultima parola su questa problematica, ma nessuno di noi potrà scantonarvi.

Il percorso per cercare di impedire lo scivolamento della crisi in una nuova guerra mondiale, deve fare i conti con tutto lo sciovinismo e il nazionalismo racchiuso in un vecchio verso che, transitato per l’esercito risorgimentale italiano, per quello della prima guerra mondiale, per il fascismo, oggi fa ancora mostra di se sui velivoli del 71º Gruppo volo dell’Aeronautica Militare Italiana, inquadrato nel 14º Stormo “Sergio Sartof” (12): Dulce et decorum est pro patria mori E’ dolce e bello morire per la patria (Orazio, Odi, III, 2, 13).
Nelle nostre scuole, fin dalle elementari, si cerca di instillare questa mentalità, quest’ideologia, noi dobbiamo contrapporvi il nemico non è oltre la frontiera.

Note:

(1) Paolo Brera, Ucraina, una nazione in fuga. Kiev apre un ministero per richiamare esuli e disertori, 9-9-2024, repubblica.it/esteri/2024/09/09/news/ucraina_diserzione_zelensky_ministero-423486317/
(2) Brera, cit.
(3) Brera, cit.
(4) Sergii Kostezh, Desertion From Ukraine’s Armed Forces – Will NewMobilization Laws Help?, 27-9-2024, kyivpost.com/post/39622
(5) Anarchici di “Assembly”, Kharkiv, Nella lunga estate calda, i soldati ucraini e russi hanno battuto il record di diserzioni, 11-9-2024, https://ilrovescio.info/2024/09/11/lalungaestatecalda/
(6) Kostezh, cit.
(7) Andriy Kurkov, OPINION: Public Desertion and Going Home to Die, 30-9-2024, kyivpost.com/opinion/39793
(8) Kostezh, cit.
(9) Kostezh, cit.
(10) Codice penale militare di guerra: https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/penaleMilitare/143_2_1
(11) https://www.aeronautica.difesa.it/amministrazione-trasparente/forze-di-completamento/
(12) https://www.aeronautica.difesa.it/home/noi-siamo-l-am/organizzazione/reparti/#divolo https://www.aeronautica.difesa.it/2018/09/27/al-14-stormo-si-rievoca-la-storia-del-71-gruppo-volo/

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DISERTIAMO LA GUERRA

Segnaliamo e invitiamo a partecipare all’iniziativa

Disertiamo la guerra”  

 

Un’assemblea che ha il pregio di riportare l’attenzione sulla guerra in Ucraina tutt’altro che scomparsa, e che interviene sul tema della prospettiva verso una IIIª guerra mondiale. A breve pubblicheremo un nostro intervento sulla questione della diserzione. Sotto il testo di convocazione.

 

csoa cox18 via conchetta, 18 milano

(M2 Romolo-Bus 90/91-47 tram 3)

 

DOMENICA 20 OTTOBRE 2024

ORE 16,00

 

Assemblea pubblica

DISERTIAMO LA GUERRA

L’epoca delle guerre hi-tech non ha cancellato il bisogno di carne da cannone da mandare al fronte. Anzi. Più s’inasprisce lo scontro tra blocchi capitalistici ed avanza l’economia di guerra, più progresso tecnologico e mobilitazione totale si alimentano a vicenda. Se la macchina del consenso bellico s’inceppa, la guerra non può proseguire a lungo. Nell’epoca cibernetica, l’umano gesto di rifiuto ancora conta. È quello che sta succedendo in Ucraina. Oltre alle migliaia già fuggiti all’estero – gli “scappati nel bosco” –, decine di migliaia di arruolati non tornano al fronte e centinaia di migliaia di arruolabili si nascondono. Mentre i reclutatori – i rapitori – dell’esercito incontrano una crescente ostilità sociale.
Questo fenomeno, che si registra in maniera crescente anche sull’altro lato del fronte, in Russia, va fatto conoscere e sostenuto pubblicamente come argine alla terza guerra mondiale. Il “nostro” fronte è quello della NATO e dell’UE, ed è innanzitutto questo
fronte che dobbiamo contribuire a far crollare, esprimendo la nostra solidarietà internazionalista ai disertori, agli insubordinati, ai renitenti.

 

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